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Non so se anche a voi fa lo stesso effetto ma, leggendola, la parola “coccolone” è quanto di più lontano possa esistere dall’associazione a qualcosa di terribile e sconvolgente come solo può esserlo un ictus. Eppure penso sia capitato a tutti di usare questo termine per riferirsi all’accidente che ha coinvolto un nostro conoscente o un paziente ricoverato nel reparto dove lavoriamo. Perché un termine, all’apparenza, così innocuo che rimanda a quanto di più intimo possa esserci, alle manifestazioni d’affetto di un genitore nei confronti dei propri figli, alle tenerezze fra due innamorati, alle attenzioni nei confronti degli animali domestici, viene utilizzato per definire un colpo apoplettico? Misteri della nostra meravigliosa lingua e del suo tortuoso evolversi. Un vecchio dizionario, scovato in biblioteca forse ci può aiutare: “Coccolone: dicesi in modo basso per Colpo d’apoplessia fulminate secondo alcuni da COCCOLA in senso di testa, ma sembra non potersi separare dal verbo COCCOLARSI,ACCOCCOLARSI: quasi dica: colpo che fa piegar le ginocchia a terra” Questo per gli studiosi di linguistica, per Franco Groppali, l’autore del bel libro “Il mio ictus, confine di due vite”, invece, il termine “coccolone” ha avuto l’effetto catartico che è stato indispensabile alla sua “rinascita” dopo essere stato colpito da un ictus nel 1993. Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di incontrare Franco e questo incontro, lo dico senza retorica ne piaggeria, è stata una vera lezione di vita. Ma andiamo con ordine, chi è Franco Groppali e perché ha scritto questo libro? Per non togliere nulla e perché penso sia giusto così lascio la parola a lui, a come si presenta nel sito internet a lui dedicato:
Premessa importante: mentre riportavo i momenti principali della mia prima vita mi sono reso conto di un fondamentale elemento che ha caratterizzato sia la mia prima che la mia seconda vita: la FORTUNA.
Sono stato fortunato a nascere in una famiglia che mi ha insegnato i veri principi della vita.
Sono stato fortunato a ricevere un’educazione cristiana, che mi dato la Fede in Dio.
Sono stato fortunato a conoscere Grazia, mia moglie, una donna meravigliosa. Ci siamo incontrati quando eravamo ancora ragazzi, nel 1967, quando non avevamo ancora diciotto anni. Ci siamo sposati a ventiquattro anni. Anche i figli che sono arrivati sono tutti splendidi, come anche i due nipotini.
Sono stato fortunato anche perché ho vissuto in un periodo in cui c’era una forte offerta di posti di lavoro (a tempo indeterminato), in cui la prospettiva della pensione non era così incerta e cupa, come oggi.
La prima vita
Mi chiamo Franco Groppali, sono nato il 26 aprile 1948 a Milano. Ho avuto un’infanzia e una gioventù felici e piene di soddisfazioni, così per tutta la mia prima vita, fino a 45 anni. Ho studiato all’Istituto Zaccaria dei Padri Barnabiti e poi successivamente all’Università Bocconi di Milano. Dopo essermi laureato mi sono buttato con energia nel mondo del lavoro: per tredici anni ho lavorato nel settore commerciale “Banche” della NCR Corporation, multinazionale americana, arrivando a dirigere il distretto nord-
Ho lasciato la NCR per mettermi in proprio: infatti ho costituito una software house: la CAB s.r.l. Consulenze Automazione Bancaria, di cui ero Amministratore Unico. Anche in essa svolgevo soprattutto l’attività commerciale: in realtà, pur operando per diversi anni nel settore informatico (erano proprio gli anni d’oro dell’informatica, gli anni del suo formidabile sviluppo), non sono mai stato un grande esperto di software e pc!
L’ictus, la linea di confine
Il 4 Settembre 1993, proprio nel pieno della mia vita professionale, sono stato colto da un ictus carogna, un ictus con effetti devastanti sul mio fisico e, soprattutto, sul mio morale. Questi cinque secondi hanno stravolto completamente il mio modo di vedere la vita e hanno segnato uno spartiacque della mia vita.
La seconda vita
Questa nuova condizione di sofferenze e difficoltà mi ha portato nel nero tunnel della depressione. In quell’inferno ho vagato per almeno tre anni, cercando di combattere in una nuova dimensione fatta di sofferenze, difficoltà e, soprattutto, depressione.Per fortuna anche dopo l’ictus è proseguito il mio rapporto
favorevole con la fortuna (ripetizione voluta).Infatti sono stato fortunato a trovarmi, per la riabilitazione, nell’Ospedale di Passirana, in cui lavorava come psicologo il Dott. Marchesi, che mi ha trovato il lavoro e mi ha spinto a riprenderlo, e dove la Cooperativa Sociale Il Portico svolgeva i sevizi di pulizia. Un altro elemento fortunato era che la cooperativa si trovasse in una fase di ristrutturazione interna. Così ho ripreso il lavoro, dapprima come sindaco, poi come presidente fino al 2004. Così, grazie al lavoro, ai famigliari che mi sono sempre stati vicini, ed alla fede ritrovata, sono riuscito a riprendere un vita tutto sommato “normale”. Oggi sono rimasto nel Portico come consigliere, e mi godo la mia pensione svolgendo anche il bellissimo ruolo di nonno. Per concludere anche l’argomento “fortuna” l’ictus stesso, anche se è esagerato definirlo (è singolare, ma si torna al suo significato) un “colpo di fortuna”, non sono proprio sicuro che la mia vita, senza di lui, sarebbe stata migliore. Nella chiacchierata avuta con lui tutti questi elementi sono stati ribaditi quasi come un mantra, la fortuna, Dio, la famiglia, il lavoro, le “due vite”, i propositi suicidari, i “bestemmioni”, i vicini di letto, i medici, le fisioterapiste, le ragioni per cui ha deciso di tenere un diario che poi si è trasformato in un libro.. Lui parlava ed io ascoltavo parole che avevo già letto “in rete” e che avrei ritrovato poi tra le pagine del suo libro ma, all’improvviso, una frase, una considerazione, mi hanno aperto un mondo nuovo, quel qualcosa che accompagna tutto il libro ma che non è mai sottolineato con la dovuta importanza e che, invece, per chi, come noi, lavora in Ospedale dovrebbe essere fondamentale. Questo libro ci “obbliga” a confrontarci con il punto di vista di chi sta dall’altra parte della barricata, potrebbe stimolarci ad andare oltre la nostra presunzione, potrebbe aiutarci ad andare al di là degli aspetti “tecnici” della nostra professione e aprirci prospettive inaspettate. Franco, parlando di se stesso e della sua esperienza, in fondo parla di noi e per questo non possiamo che ringraziarlo. Franco, per i canoni che reggono la nostra società e nei confronti dei quali è facile e comodo sottomettersi, è considerato un invalido, ma quanto “valore” in realtà ci sia dietro i suoi capelli bianchi, dietro le lenti dei suoi occhiali, dietro il suo incedere incerto, a fianco del suo bastone e del suo deambulatore lo si scopre parola per parola nel suo libro. Invalidi sono considerati tanti di quei ragazzi che ogni giorno, con la Coperativa Il Portico, contribuiscono a garantire decenza al nostro Ospedale, guardarli con occhi nuovi dopo la lettura del libro di Franco è inevitabile e, forse, potrebbe rendere più decente la loro e la nostra vita.
Il libro di Franco Groppali “Il mio ictus, confine di due vite” è prenotabile in tutte le librerie o acquistabile direttamente sul sito della casa editrice: www.booksprintedizioni.it