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Ieri è oggi, lontano è qui.
Donne cha partono e donne che aspettano,
donne che raccontano chi siamo e le nostre radici
Laura Pariani, Il piatto dell’angelo, Giunti 2013
Affiorano nella mia mente i ricordi della mia famiglia, del mio paese.
Sono le mie radici.
Da quando è venuta a mancare mia mamma, un grande vuoto mi circonda.
Non so più a chi chiedere i fatti del passato.
Sembra che tutti se li siano scordati.
Questo mi rattrista e cerco di ricordare con forza i discorsi che facevo con lei.
Queste righe le scrivo per le mie due nipoti.
Sono sicura che un giorno le leggeranno.”
Questo è l’incipit di un delizioso libretto dall’accattivante titolo “Una ragazza del 1925” scritto da una meravigliosa nonna di ottantasette anni che ho avuto la fortuna di conoscere durante gli oltre due giorni di “forzata” permanenza nel nostro Pronto Soccorso.L’incontro con questa donna, la possibilità di confrontarmi con lei, con le sue riflessioni lucidissime sul passato e sul presente sono uno di quei rari regali che le tristi condizioni a cui è stata ridotta la nostra professione, possono ancora offrire…L’impossibilità e anche l’incapacità di ricoverare in un posto letto di un reparto adeguatamente strutturato per garantire un’assistenza degna di questo nome ai nostri pazienti e il conseguente “parcheggio” per giorni nei locali o nel corridoio del nostro Pronto Soccorso permette, quando è possibile, anche di approfondire la conoscenza con le persone che solitamente da noi dovrebbero solitamente transitare… magra consolazione direte voi! Sto divagando e invece vorrei rimanere “sul pezzo”,, anche se, lo devo ammettere, non mi costa poca fatica… Proprio mentre leggevo le prime righe del libretto, mentre mi interrogavo sull’importanza di conservare la memoria del passato come strumento indispensabile per decifrare il presente e per ipotizzare e, di conseguenza, costruire un futuro migliore, mentre pensavo al peso che questa donna dava al suo rapporto con la propria mamma, la mia decideva di morire… Così, insieme alla copia del libro, questa fantastica donna, mi regalava anche una sua lettera, proprio una di quelle scritte a mano, con una grafia tremolante ma che avrebbe ottenuto ancora un bel voto alla voce “bella scrittura” che, sicuramente sarà stata presente sulla pagella degli anni trenta che questa mia amica avrà portato a casa con orgoglio alla sua mamma.
Morire d’agosto non è una bella idea.
Tanti, fra parenti e amici, sono già in vacanza e i tempi strettissimi che intercorrono oggi tra la morte e la sepoltura, tra una delle manifestazioni più naturali che ancora ci sono rimaste, la fine della propria vita, e la sua veloce cancellazione dalla vista altrui, hanno impedito a molti di stringere una mano, di dare un abbraccio, di dire due parole di consolazione.Niente paura, la tecnologia ci viene in soccorso e così il mio cellulare e, ne sono sicuro, quello dei miei fratelli si sono riempiti di messaggi, di circostanza e di condoglianze sincere.Non ho voglia ne tempo per aprire una discussione sul rapporto tra tecnologia e manifestazione dei propri sentimenti ma, dal mio punto di vista ne varrebbe davvero la pena in futuro… Devo ammetterlo, io sono stato fortunato ho qualcosa di materiale a cui aggrapparmi, non riceverò mai su quel foglio di carta, anche quando sarà sgualcito dal tempo e dall’usura, un messaggio che mi dirà che la “memoria è piena” e che dovrò decidermi a cancellare in modo permanente le parole che mi hanno aiutato ad elaborare il lutto…
Devo essere sincero però, oltre alla lettera scritta a mano, un mio grande amico mi ha scritto un messaggio, senza utilizzare il telefonino ma, più prosaicamente, la posta elettronica aziendale; un messaggio bellissimo che mi sembra giusto regalare a chi leggerà queste righe e che voglio trasformare nel primo consiglio di lettura:
"Tutte le parole sono logore e l'uomo non può più usarle"
Qohelet 1.8
Da ignorante quale sono e con grande curiosità mi sono subito messo alla ricerca della fonte dalla quale il mio amico aveva tratto questa citazione e con grande sorpresa ho scoperto che si trattava nientepopodimeno che La Bibbia. Come molti, anche tra coloro che a parole si professano ferventi credenti, non ho mai letto La Bibbia ma, forse, con meno ipocrisia di tanti altri, non ne ho mai nemmeno posseduta una da mettere in bella mostra nella mia libreria. Così, accostandomi per la prima volta a questo monumento della letteratura classica mondiale, ho approfittato della pubblicazione da parte della casa editrice Salani di una Bibbia “ridotta” e destinata ai bambini. Il testo vero e proprio, raccontato da Silvia Giacomini e illustrato da 41 tavole da Mimmo Paladino, è preceduto da una lettera di Carlo Maria Martini che, fortunatamente, mi ha un poco messo in pace con la mia coscienza di adulto e ateo convintissimo. Il compianto Cardinale scrive “Quando capiscono i bambini possono capire anche tutti gli altri, e spesso la maggioranza di noi capisce solo quello che capiscono i bambini”. Tornando al Qohelet, Silvia Giacomini lo presenta così: “Il libro di Qoèlet (o Ecclesiaste) che in ebraico –si presume-
Qoèlet nutre dubbi sulle “verità” delle religioni.
Insomma questo libro suscita ancora molti pensieri e discussioni” .
Pensieri e riflessioni, purtroppo più che discussioni, trasformate in parole tutt’altro che logore (alla faccia di Qoèlet!) che Laura Pariani ha utilizzato per comporre il suo ultimo, e bellissimo libro, dal titolo Il piatto dell’angelo edito dalla Giunti, che vorrei proporre come secondo consiglio di lettura.Ecco come viene presentato nella “bandella” del libro. Altre parole, questa volta sì, mi sembrerebbero logore ed inutili: Il piatto dell’angelo è il posto a tavola lasciato per chi è lontano e ci si augura che faccia ritorno