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Cinema

Andiamo al Cinema a cura di Fabrizio Albert

Nell’estate dei cinema “chiusi per  ferie”, per fortuna a Milano e dintorni rimangono alcune lodevoli iniziative di cinema all’aperto e di cinema d’essai  che ripropongono i migliori films dell’anno trascorso e consentono di vedere alcuni titoli che magari erano sfuggiti e alcune anteprime della prossima stagione, in attesa che arrivino le pellicole dei festival  di Cannes, Locarno, Venezia ecc.
LA MIGLIORE OFFERTA  Italia 2012 Regia: Giuseppe Tornatore. Soggetto e sceneggiatura: G.Tornatore Fotografia: F.Zamarion Musiche: E.Morricone Interpreti: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland
Come già era successo per “Nuovo cinema paradiso” ,esordito un po’ in sordina e poi diffuso e apprezzato dopo la candidatura all’Oscar, così sembra che anche l’ultimo film di Tornatore  abbia avuto all’esordio un successo un po’ stentato, mentre quest’estate è stato  riproposto un po’ ovunque. E’ un bel  giallo, con una serie di storie intrecciate, forse un pochino complicate,che si occupa fondamentalmente del rapporto tra il bello, l’arte, l’antiquariato e l’amore. Amore in verità complicato, tra un maturo battitore d’asta ricco e famoso, un po’ misantropo e una giovane donna con problemi di agorafobia, a sua volta ricca proprietaria di una bella villa, in vendita con tutto il  mobilio, in una sconosciuta città mitteleuropea  ( in realtà il film è stato girato a Trieste ). E’ tutta una corsa al   gatto e al topo, con il nostro sempre più intrigato e coinvolto nei misteri della villa e della padrona che lo attira e lo molla subito dopo, mentre contemporaneamente si svolgono favolose aste con tutti i trucchi che ci vengono svelati per aggiudicarsi opere rare e preziose e magari scoprire opere autentiche e di valore sotto una crosta annerita. Pian piano il nostro misogino si trasforma e si innamora della giovane protagonista, con una serie di conseguenze  sul lavoro, sulla sua esistenza, sul suo modo di vivere la vita e l’arte stessa, fino al drammatico finale. E’ un film pieno di simboli non facilmente decifrabili ( dal robot che viene ritrovato a pezzi e ricostruito pazientemente dal giovane amico, alla nana, casuale spettatrice con una portentosa memoria per i numeri, al locale praghese delle inquadrature finali pieno di orologi e meccanismi automatici, al caveau segreto pieno di quadri  dal volto di donna ), con molte chiavi di lettura, con una bellissima fotografia che valorizza sia la villa che le varie opere d’arte e una splendida musica che sottolinea i vari passaggi emotivi. Un regista maestro nell’uso della macchina da presa, assai perfezionista, molto riflessivo, che vuole evidentemente creare un film come un’opera d’arte, ma ahimè con un finale amaro e pessimista proprio sull’amicizia e sull’amore.

NO. I GIORNI DELL’ARCOBALENO Francia, Cile, USA 2012 Regia: Pablo Lorrain Sceneggiatura: P.Peirano Fotografia: S.Armstrong Interpreti: Gael Garcia Bernal, Christopher Reeve,Richard Dreyfuss, Jane Fonda,Alfredo Castro, Nestor Cantillana, Antonio Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle.
“No” si preannuncia come un film di natura eminentemente politica, ma in realtà non lo è; e questo forse è un motivo di delusione e nel contempo di riflessione per chi ha seguito e ben ricorda le vicende di allora e avrebbe forse immaginato un film diverso.L’11 settembre 2013 ricorrono quarant’anni dalla presa di potere in Cile da parte di Augusto Pinochet che, con un colpo di stato sostenuto dagli americani, aveva travolto il presidente Salvador Allende e il suo governo di Unidad Popular, colpevole di essersi spostato troppo a sinistra e di non fare gli interessi del grande capitale.
Il film è ambientato nel 1988, quando Pinochet, in sella ormai da 15 anni, viene costretto dalle pressioni internazionali ad indire un referendum che lo legittimi al potere per altri 8 anni. La situazione non è più quella del golpe e il regime, sentendosi ormai sicuro di vincere, concede all’opposizione la possibilità di sostenere le proprie ragioni per la bellezza  di un quarto d’ora al giorno.Ed è qui che il film, in un misto di rievocazione storico-documentaristica e di ripresa storicizzata con una telecamera d’epoca che riesce bene a mascherare gli inserti, racconta la discussione politica e la successiva campagna pubblicitaria, giocata su immagini allegre, festose,ottimiste che ha portato alla vittoria del no alla riconferma di Pinochet. In realtà, se si riflette bene, è molto più  un film sull’oggi che un film storico. Si intravvede molto bene il viraggio dalla discussione politica, dalla volontà di taluni di mostrare le nefandezze della giunta, gli orrori della dittatura, le morti, le torture, alla necessità, secondo il giovane pubblicitario, di una campagna “più adeguata di quella  avversaria al nuovo contesto sociale”. L’incredibile vittoria viene ottenuta proprio tralasciando gli aspetti più drammatici, più politici degli anni trascorsi sotto la dittatura e, viceversa, puntando all’ottimismo di un futuro senza giunta, colorato con i colori dell’arcobaleno. E se da una parte si coglie molto bene il  trasformarsi del fascismo militarista in controllo capitalistico dei mezzi di produzione e di informazione, dall’altro si capisce che la vittoria si ottiene non già, come qualche vecchio politico  penserebbe, con la critica serrata del passato, con la discussione e l’analisi dell’accaduto, con una vera presa di coscienza, ma con gli stessi mezzi di comunicazione, le stesse blandizie, lo stesso invito al consumismo che la libertà porterà inevitabilmente con se e che il popolo cileno dimostra di apprezzare  assai. Una riflessione amara e attuale per chi è legato al vecchio modo di fare politica e che si trasporta pari pari alla nostra realtà contemporanea; forse bisogna solo prenderne atto… Meditate gente, meditate…
IL FONDAMENTALISTA RILUTTANTE USA, Gran Bretagna, Quatar 2012 Regia: Mira Nair Soggetto: Mohsin Hamid, Ami Boghani Sceneggiatura: William Wheeler  Fotografia: Declan Quinn              Musiche: Michael Andrews Interpreti: Riz Ahmed, Kate Hudson,  Liev Schreiber, Kiefer Sutherland, Om Puri
Un bel film, in cui la regista indiana Mira Nair, con studi a New Delhi e a Harvard, con la sua sensibilità e la sua conoscenza della realtà orientale e americana, ci consente di mettere a fuoco, con la dovuta obbiettività e senza preconcetti, il problema dell’integrazione degli islamici nella società americana e soprattutto le reazioni dell’America all’attentato dell’11 settembre2001. Il film, tratto da un soggetto di Moshin Hamid, autore pakistano, si svolge a Lahore (Pakistan) nel 2010, durante le manifestazioni studentesche antiamericane seguite ad una delle tante crisi internazionali, in cui viene sequestrato  un professore universitario statunitense. Docente e punto di riferimento degli studenti è il professore Changez Khan, rientrato in Pakistan dagli USA dove aveva studiato ed era diventato un brillante analista finanziario.  Sospettato di essere la mente del sequestro, nel bel mezzo del caos delle manifestazioni, il professore acconsente a concedere un’intervista chiarificatrice al suo amico giornalista americano Bobby Lincoln, a sua volta in contatto con la CIA e l’ambasciata americana, e in essa ripercorre la sua storia. Dal “sogno americano” di gioventù, agli studi universitari  in  America,  alla brillante  carriera come analista finanziario fin troppo spregiudicato, alla relazione con la bella fidanzata  Erica, fotografa rampante. Ma tutto si perde con gli attentati dell’11 settembre, quando diventa un sospetto, un potenziale terrorista, uno di cui non ci si può  fidare. E’ l’occasione per prendere coscienza di se stesso, per rimettere tutto in discussione,per comprendere le grandi differenze culturali, per valorizzare i propri principi, la propria storia, in contrasto con la nuova realtà desiderata, ma difficile da vivere e da accettare, soprattutto quando scoppiano le contraddizioni e ci si trova, senza volerlo, dall’altra parte della barricata. Così decide di tornare in patria,, alla sua famiglia, alle tradizioni e abbandonare lavoro, carriera, fidanzata, esasperato dal clima che si è creato in America. Ma il fatto stesso che abbia scelto di ritornare ne fa un sospetto terrorista per la CIA che si getta sulle sue tracce, cercando le prove della sua responsabilità, se non altro politica. E’ proprio tramite l’amico giornalista che raccoglie la sua storia che ci  rendiamo conto, viceversa, di quanto sia illusoria questa visione manichea  della società e come anche fra gli islamici più colti si faccia strada il dubbio, con la delusione per una realtà vagheggiata, ma divenuta estranea, ostile e nemica e, dall’altra parte, la critica della violenza distruttrice  come soluzione del “conflitto di civiltà”. Un bel film politico, secondo me, non per nulla assai criticato in America, in cui si esaminano profondamente le varie ragioni  senza “fondamentalismi”,  e in cui la regista, indiana trapiantata negli Stati Uniti, probabilmente riesce a cogliere molti aspetti,  anche i più intimi, proprio per la sua sensibilità e la sua esperienza personale.                  
ARGO USA 2012 Regia: Ben Affleck Soggetto: Joshuah Bearman Sceneggiatura: Chris Therrio    Fotografia: Rodrigo Prieto Musiche: Alexandre Desplat Interpreti: Ben Affleck, John Goodman, Alan Arkin,Brian Cranston, Victor Garber, Michael Cassidy, Christopher Denham, Clea DuVall
Altra visuale e  tutt’altra angolatura quella del film Argo, in cui la pellicola, tratta dall’omonimo libro di Tony Mendez e Matt Baglio, racconta in termini celebrativi  la liberazione da parte della CIA di sei addetti dell’ambasciata USA a  Teheran, riusciti a scappare durante le manifestazioni  antiamericane del  1979 culminate con l’assalto all’ambasciata, e a rifugiarsi presso l’ambasciata del Canada, con il consenso e la protezione dell’ambasciatore canadese. I fatti sono reali e il film riesce a tenere con il fiato sospeso fino all’ultima inquadratura anche coloro che ne conoscono l’esito positivo. La storia mostra l’organizzazione della missione da parte  della CIA, con l’affidamento ad un esperto, certo Toni Mendez  (nel film lo stesso regista e attore Ben Affleck) e la finta missione in Iran per girare un film di fantascienza, con il supporto di una  produzione hollywoodiana, una finta sceneggiatura e il relativo supporto della stampa. Argo era il titolo del finto film e i sei sequestrati avevano tutti un ruolo da regista,  sceneggiatore, fotografo ecc. Belle le scene di massa, belli gli inserti con i filmati d’epoca dopo la cacciata dello Scià e il rientro dell’Ayatollah Khomeini  e molto interessante l’analisi storica della realtà e del clima di allora a Teheran che culmina nell’assalto all’ambasciata americana e nel sequestro del personale (52 persone), rimasto prigioniero per più di un anno e alla fine liberato senza spargimento di sangue dopo  infinite trattative, ma costato la rielezione al mite presidente Carter, colpevole, agli occhi degli americani, di non aver agito con la forza, mostrando i muscoli come avrebbe dovuto. Un bel film, con numerosi riconoscimenti internazionali tra cui il premio Oscar, definito dalla critica  indipendente, con cui concordo pienamente, “una onesta propaganda democratica”.          


 
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