CRAL.... - settembre

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CRAL....

Buone notizie
Buone notizie, è calma la città / Il tempo è buono, la guerra non si fa /C'è chi ha capito, chi ancora non lo sa / Chi vuol sapere che cosa succederà. / C'è chi discute, chi non dice la verità / Ma di sicuro, un accordo si troverà / E tutti quelli che hanno detto sempre no / Oggi sono in pochi e si vergognano anche un po'. / Buone notizie che grande novità / Buone notizie è cosa certa ormai, / C'è sul giornale che sai non sbaglia mai, / Qualcuno piange, per cosa per cosa non si sa, / Buone notizie domani... se verrà.


Caro Mario, te la ricordi? È una vecchia canzone del Banco del Mutuo Soccorso - e di mutuo soccorso oggi ce ne sarebbe proprio bisogno - di quando eravamo giovani. Il testo forse non si adatta del tutto alla mia situazione, ma qui, a Hangerfort, nel Castelshire, i dirigenti della mia azienda sembrano impazziti: hanno deciso che alcune persone per assicurare la continuità terapeutica dovranno lavorare anche al sabato e nei giorni festivi infrasettimanali - anche Natale e Santo Stefa-no? Già, perché alle persone con una lesione al midollo spinale fa malissimo saltare un giorno di ginnastica: chissà se i nostri dirigenti sanno davvero qualcosa di medicina, comincio a dubitarne. Sono solo una massa di burocrati politicizzati al soldo del Consiglio della Contea, servi striscianti e leccapiedi di professione, attenti solo a quanto si gonfia il bilancio e di conseguenza, grazie ai son-tuosi benefit che ricevono, il loro portafoglio. E pensare che ero andata a vivere all’estero con la convinzione che fossero un po’ più intelligenti che in Italia e anche meno stakanovisti. Quest’ultimo termine rivela tutta l’assurdità della situazione, perché questi fascistelli tracotanti di provincia pre-tendono che lavori come il campione del lavoro di bolscevica memoria. E i ras che stanno ai livelli intermedi della catena gerarchica, malati di delirio di onnipotenza, mentre non hanno che un briciolo di potere e sono destinati anche loro a prendere un calcio dove non batte il sole quando non servi-ranno più ai grandi capi, questi ras vomitevoli, dicevo, non fanno che dire sì e prenderci per il fon-doschiena per poche migliaia di sterline lorde all’anno. Girano per le stanze del potere pavoneg-giandosi, quasi provando piacere quando i boss li guardano dall’alto in basso, la lingua sempre pronta a leccare il deretano dei potenti di turno, e ti guardano con supponenza quando tornano nei loro uffici, raccontandoti tutto della loro vita piccolo borghese, convinti che a te possa davvero fre-gartene qualcosa delle loro vacanze a Santorini e dintorni o del matrimonio chic a cui hanno parte-cipato in quella famosa tenuta di campagna del 1600 o dei loro figli, che nemmeno hai mai visto in vita tua. Ho già la mia di esistenza, che è già difficile tenere insieme, tra i rimpianti di una gioventù giocata male e lo schifo che ci circonda oggi, tra ideali di rinnovamento persi forse per sempre e una fede che vacilla sempre di più, anche grazie ai clerici retrogradi della mia “Chiesa”, se ancora la si può chiamare così, visto i danni quasi irreparabili che le hanno fatto, così che se guardi bene al di là delle splendide facciate e vetrate gotiche restaurate vedi macerie come di terremoto, anzi, come di bombardamento umano.
Come vedi l’amarezza è tanta e non so per quanto tempo ancora potrò sopportare questa si-tuazione. Intanto sto pensando a forme di disobbedienza civile, che mi consentano di non lavorare la festa: recarmi all’Accident and Emergency department più vicino, simulando una colica renale, così da saltare il turno e non avere nemmeno la visita di controllo, perché i giorni festivi gli uffici della Social Security sono chiusi e il medico non potrà arrivare che il giorno dopo. Oppure scrivere una lettera al General Manager, spiegando che la mia religione mi vieta di lavorare la domenica e gli altri giorni festivi religiosi e che nel caso insistano a volermi obbligare a farlo mi rivolgerò al Tribunale per i Diritti Umani dell’Aia. E poi c’è sempre il sindacato, anche se qui da noi ormai i sindacati sono sempre più ridicoli - da 10 anni non abbiamo un nuovo contratto di lavoro - e qualcuno - come la Confederation of British Trade Union Workers - non è ormai che un servo dei padroni. Comunque è impensabile un provvedimento del genere, si torna indietro di quarant’anni, grazie anche ad un governo che si dice di sinistra, ma che assomiglia sempre più ad un Consiglio di Amministrazione di un’azienda di Ljubrescon invece che ad un organismo che si interessi del bene comune e si interessi dei cittadini, di tutti i cittadini, specie di quelli che consentono che questa nazione scalcinata riesca ad andare avanti.
Amarezza, acredine, delusione: servono a qualcosa? No, assolutamente no, ma avevo pro-prio bisogno di sfogarmi con qualcuno e di denunciare una situazione che, ogni giorno che passa, si sta facendo più insostenibile, con un Segretario di stato per il Lavoro e le Pensioni che parla di au-mentare lo stipendio dei lavoratori pubblici in cambio di un aumento dell’orario lavorativo da 40 a 48 ore. Buone notizie, davvero: i nostri genitori hanno lottato, manifestando per le strade, una marea umana di scioperanti che ha ottenuto malattia retribuita, aspettativa per la maternità pagata, ferie pagate e una settimana corta per avere più tempo per la propria vita privata. Quando parlo di queste cose con i miei colleghi mi sento dire: “Cosa ci vuoi fare? È la società che sta andando in questa di-rezione. E poi, l’importante è che paghino e paghino bene”. Ora, io dico: la società può andare dove gli pare, io non sono obbligato ad adeguarmi, anzi, sento di dover lottare per cambiare la direzione che menti nascoste tentano di farci prendere. La mia visione della vita e della società non coincide affatto con la loro e non mi è mai piaciuto far parte della massa. Inoltre non ho mai creduto che i soldi fossero la cosa più importante dell’esistenza: servono, certo, soprattutto nei momenti di neces-sità (dentista, auto nuova, casa, matrimonio…), ma la qualità della vita è altrettanto se non più im-portante. A cosa serve avere tanti soldi se poi non hai tempo per il partner, i figli, i viaggi, il cinema, lo sport, la lettura, andare a mangiare con la famiglia o con gli amici, aiutare gli altri, la preghiera, le mostre d’arte, il teatro, la spiaggia, la montagna e cos’altro ami fare?
La mia libera opinione è che è in atto un’azione concertata per renderci tutti cinesi: lavorare 7 giorni su 7, 14 ore al giorno, con una paga di 800£ al mese, o poco più. Chi non cederà verrà li-cenziato e al suo posto vedremo infermieri indiani, medici con gli occhi a mandorla, tramvieri andini, vigili dello Sri Lanka, poliziotti Sikh, spazzini nordafricani, banchieri del Vicino Oriente, calciatori africani, e chi più ce n’ha più ne metta. Come se non bastassero le auto extra lusso dei figli dei bastardi sceicchi petrolieri degli Emirati Arabi e le banche e le gioiellerie dei finanzieri ebrei. Per non parlare dei ristoranti dai prezzi improponibili gestiti da chef francesi con sottoposti cuochi malesi, tutti alle dipendenze di calabresi, siciliani, napoletani, russi, giapponesi e altre mafie mondiali. A cui si associano i pub irlandesi dove ex militanti dell’IRA si sono riciclati nella malavita organizzata che controlla il gioco d’azzardo e impone a tutti Jameson e Bushmills. Io almeno sono rimasta qui perché ho sposato un inglese e per fortuna vivo in una tranquilla cittadina della campagna del sud, ma per quanto tempo ancora la situazione quasi idilliaca che abbiamo vissuto finora durerà ancora? UN giorno arriveranno, mandati da chi comanda veramente, e ti diranno: “Se loro lavorano per 800 sterline al mese, perché a te dovrei darne 1.400? Se non accetti la riduzione del 40% dello stipendio e di lavorare 48 ore a settimana, puoi anche andartene: sei licenziata”. Sì, questo succederà un giorno, statene certi. Saremo tutti alle dipendenze delle società di lavoro interinale, lavoreremo, se ci va bene, 6-7 mesi l’anno. Solo i più fortunati avranno un lavoro stabile, ma massacrante, o riusciranno ad andarsene in posti dove passare quello che resta della loro esistenza in panciolle all’ombra delle palme o su una sedia a dondolo sotto una veranda, contemplando il prato cosparso di fiori di un tenue viola, mentre una volpe rossa si ferma e ti fissa curiosa mentre sorseggi il tuo drink.
Spero che da voi in Italia, soprattutto in quell’isola felice che è la Lombardia, dove lavori tu, le cose vadano meglio che qui da noi. Scrivimi, appena puoi. Ma scrivimi solo se il tuo spirito sarà meno amareggiato e incazzato del mio. Sempre tua
Luisa Rossi Stewart


Nota del redattore: Mario non rispose mai.

 
 
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