San Ginesio, 30 ottobre 2016
Solo silenzio sgomento domande verso il cielo silente che sta muto senza parole. Interrotto è il ritmo dell’esistere mentre la montagna sembra danzare sulle antiche basi e la roccia si sfalda rombando cupa – tutto intorno è un piovere di sassi e dalla strada una nebbia di polvere vola a nascondere le chiare stelle e Selene che alta e colma splende ora più fioca pallida inutile. Non resta che fuggire nelle piazze a confondere lacrime dolenti abbracciare il tremare degli altri per zittire il terrore più profondo delle scosse che assestano altri colpi. Delle coperte strappate alle stanze spuntano spaventati visi occhi esploratori di crepe esilianti di pareti sipari sollevati su palcoscenici vuoti – rinviato è lo spettacolo, forse annullato, in attesa della nuova stesura: nuovi saranno i dialoghi, sensati finalmente. S’alza gelido il sole mostra il disastro spiazzante: sommerso
da frammenti di chiese e campanili da macigni di case violentate da lucidi legni di mobili aviti è il porfido del sagrato e domenica non ci saranno la messa e il caffè, taceranno gli amici che lontani
traguardando la marina sabbiosa sogneranno le fertili vallate abbandonate in esilio forzato. Aiuto dei cristiani, ora pro nobis quel dio che non riusciamo più a pregare nel suo nascondimento misterioso. Finito è il banchetto di vivande grasse e d’eccellenti raffinati vini, non ci saranno più ospiti ormai Non è stata sconfitta sora morte mentre le lacrime rigano ancora d’ogni stanca persona il perso volto e gli increduli occhi che atterriti e depressi solo macerie contemplano. Quello che era non è e non sarà non tornerà più mai. Cattedrali secolari castelli e rocche storiche strapiombate le mura nei valloni e su di loro crollate le certezze le speranze le fedi e i certi dogmi già incrinate da terribili scosse che nell’estate solare insinuarono minacciosi cumulonembi a incudine bui profeti di futura disgrazia. Già all’orizzonte s’annuncia il Battista precorrendo il Natale alle porte e il retrogusto amaro del pandoro affogato da inebriante spumante. Vieni, Signore, vieni a ricostruire le nostre case sventrate e abbattute, vieni a consolare le madri in pianto e i cuori affranti degli uomini stanchi, vieni a esaudire l’ultima preghiera perché anche la speranza non muoia.E voi che state tra le calde mura profumate dagli agnelli arrostiti e dai vini aromatici e speziati antipasti, tacete per un attimo ricordatevi del nostro dolore della melanconia che attanaglia tanti spiriti profughi ed esiliati e implorate per noi gioia serena e pace per le terre dislocate. Vieni Signore buono, ora o mai più a esaudire l’ultima preghiera