Giornalino Dicembre 2010
Sicurezza e sport nei parchi: un diritto per tutti.A cura di Cristina Campanello Centro Alzheimer P.O. Passirana
La notizia della violenza perpetrata a fine luglio ai danni della jogger nel Parco Colletta di Torino è destinata a far discutere a lungo riaprendo un problema mai risolto : la sicurezza nelle aree verdi cittadine. Il dibattito sulla sicurezza non è nuovo per l’Associazione Runninginthepark (www.runninginthepark.com) che da più di due anni stà “mappando” (sul campo) le aree verdi interessate alla corsa con il progetto “Running in the park” tramite una dettagliata scheda finale con relativi giudizi (ratings). Tra questi voti finali il più importante è sicuramente quello relativo la sicurezza. Come riassunto di questa attività, l’unico parco che si è distinto con una nota di merito alla voce “sicurezza” è stato il Parco Bastioni di S.Zeno a Verona. Come è arrivato alle “cinque stelle” il Parco veronese? Non con le colonnine S.O.S, poco per le telecamere (elemento dissuasore, ma con problemi di atti vandalici), poco con l’illuminazione. In realtà l’elemento che distingue e rende realmente il parco “sicuro”è la presenza di “assistenti civici”(a Verona) che sorvegliano a tutte le ore il parco stesso. In fondo un metodo non nuovo se pensiamo che è stato alla base del successo (o quasi) ,in fatto di sicurezza, del Central Park di New York. La svolta newyorchese è stata quella di investire ,tramite un ente preposto cioè il Central park Conservancy, e un nutrito servizio di vigilanza attiva 24 ore su 24 all’interno dell’area verde. Un approccio al problema molto “deciso” e sicuramente dispendioso, ma altrettanto efficace.E’ inutile “girarci in torno”: il presidio è veramente l’unico sistema contro ogni tipo di violenza e la vicenda della jogger torinese, ha evidenziato una situazione insostenibile che deve essere denunciata e che va oltre ogni evidenza economica : è onestamente “fastidioso” sentir parlare di presenze “vip” alla maratona di New York e ,allo stesso tempo, non riuscire a garantire sicurezza al “comune mortale runner” che si allena nei parchi ,magari per la prossima 42k, e (ovviamente) senza guardie del corpo personali al seguito. Sarebbe bello ravvisare, una volta tanto in qualche comunicato stampa, che l’amministrazione comunale “pinco pallino” o l’organizzatore della maratona “pippo” si prende l’impegno di fornire vigilanza organizzata permanente su campi di training ai runners (andando per esempio a sacrificare una voce economica destinata al marketing).Tutto questo anche per evitare l’insinuarsi di una cultura di pensiero ,frutto della giustificata paura collettiva e già presente in molte donne, che ci si possa allenare nei parchi solamente in compagnia di altre persone.La corsa deve rimanere uno sport libero da condizionamenti e costrizioni. In caso contrario non è sport, ma pura e semplice “paura”.