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Ne ho pieni i maroni

Il Giornalino

A cura di Mario Villa CUP

Ce ne ho pieni i maroni delle luminarie pagate dai commercianti piagnoni (quest’anno gli affari cono calati del 30%...) e talmente pieni di soldi da poter pagare la ditta che le installa e la corrente per un mese e più.
Ce ne ho pieni i maroni di tutti i panettoni, i torroni, i dolcetti e alimentatori di diabete delle più varie specie, che subito dopo la ricorrenza dei morti invadono corsie e scaffali dei supermercati, dove stazionano tonnellate di frutta secca d’ogni tipo e qualità. Pensate che noi dobbiamo ancora aprire un pacchetto che ci hanno regalato lo scorso anno e nel quale troneggiano noci giganti e nocciole super.
Ce ne ho pieni i maroni di tutta la pubblicità che ci sciorinano le televisioni: in troppi si rimbecilliscono a guardarla e invece di cantare Astro del ciel o simili, ecco che fischiettano o accennano i motivi che accompagnano gli spot di certi panettoni, dimenticandosi che (1) non si può e non si deve essere buoni solo a Natale e (2) che se si può essere buoni è perché il Buono per eccellenza e per definizione si è fatto uomo.
Ce ne ho pieni i maroni dei regali di qualsiasi tipo e natura: troppi soldi sprecati, e se non sono i soldi, perché si regala qualcosa di utile, che serve – fatto che snatura il concetto stesso di regalo - si spreca un sacco di tempo: in un negozio non hanno la taglia, nell’altro il pigiama è del colore sbagliato, qui il prezzo è troppo alto, la roba cinese non la voglio, questo ha i bottoni che fanno schifo... Siete voi che mi fate schifo, perché sprecate il vostro tempo a regalarvi l’un l’altro quello che ognuno si potrebbe comprare da solo, in una catena che definire idiota è offendere gli idioti, quelli veri e senza colpa alcuna.
Ce ne ho pieni i maroni delle pie donne che partecipano alla messa di mezzanotte impellicciate in animali morti che costano decine di migliaia di euro, mentre vicino a loro, due panche più indietro, un poveraccio e una persona normale sono costretti ad indossare i jeans anche nella festa delle feste, perché hanno tre figli da crescere, un mutuo da pagare, sono in cassa integrazione e in mobilità o disoccupati e tengono il riscaldamento di casa a 17 gradi per risparmiare sul gas e quest’anno niente agnello, mangiamo maiale, che è quello che costa meno, insieme alla patatine fritte surgelate e un panettone che sembra chewing gum sotto i denti che non ci possiamo curare.
Ce ne ho pieni i maroni dello sfarzo della chiese, sfoggiato con la scusa che bisogna accogliere in modo degno il Signore che nasce. Usate i soldi non per i fiori e per i paramenti sacri, ma per aiutare i poveri. Fate un pasto di Natale nei vostri saloni per i vagabondi, i barboni, gli zingari, gli extra comunitari che vivono sotto i ponti, nelle fabbriche abbandonate, sui marciapiedi, nelle stazioni della metro e del treno.
Ce ne ho pieni i maroni di questo Natale che si aspetta pensando solo a cosa mangeremo e cosa berremo. Ma sì, per una volta possiamo anche permetterci lo champagne e il Brunello, dopo tutto Natale viene una volta sola all’anno. E anche quest’anno non lo vivrai in modo giusto, come ti chiede di viverlo l’unica Parola che conta, quella che si è fatta carne, concretezza, storia, uomo vero, per insegnarci che un’altra umanità è possibile, diversa da quella delle abbuffate e delle ubriacature.
Ce ne ho pieni i maroni di quelli che vanno a passare il Natale a Cortina, a Chamonix, alle Maldive, dove neanche sanno cos’è il Natale, perché sono musulmani e lo festeggiano solo per spillare soldi ai turisti ignari che il villaggio dell’atollo è di proprietà di italiani che a Natale se ne stanno nelle loro famiglie, come tutti dovrebbero fare.
Ce ne ho pieni i maroni di quelli che vanno a messa solo a mezzanotte di Natale, perché come si fa a non andare alla messa di mezzanotte? SI fa come tutto il resto dell’anno, nel quale vi guardate bene dal mettere piede in chiesa anche la domenica e preferite starvene sotto le coperte o in spiaggia o seduti fuori dal bar del paese a dire un sacco di scemate.
Ce ne ho pieni i maroni di tutti quelli – e sono sempre di più – che non si ricordano nemmeno più perché c’è il Natale e cosa si festeggia. Cosa si festeggia il Natale? Un bambino tremolante in una stalla mentre gli angeli cantano pive ai pastori? No, non si festeggia questo. SI festeggia Dio che rinuncia alle sue prerogative divine e si fa uomo per salvare noi, ciascuno di noi, di voi che leggete, di voi che vivete il Natale come dei consumisti minchioni, di voi che del Natale ve ne fregate e continuate imperterriti a fare quello che fate tutti i giorni, perché non capite che Dio si è svuotato di se stesso per farsi in tutto e per tutto uomo e Dio con noi, un Dio che si è impolverato i piedi sulle strade della Palestina di duemila anni fa, che non era biondo e con gli occhi azzurri, come un rinmaronito regista italiano ce lo ha rappresentato, ma assomigliava ad Arafat o a Saddam, discendente di quell’Abramo che dall’Iraq di oggi è partito per raggiungere la terra promessagli da JHWH (si legge Adonai). Un Dio che ha banchettato con le puttane, gli esattori delle tasse, i lebbrosi, i mendicanti ciechi, e festeggiato la notte della sua nascita assieme ai pastori e che in mezzo a due ladroni, soffrendo come un cane, è morto sulla Croce che sta al centro stesso dell’universo. Un Dio che ha rovesciato i banchetti di coloro che avevano trasformato la sua casa in un covo di commercianti truffatori e pronti ad approfittare della povera gente che al tempio si recava a pregare.
Ce ne ho pieni i maroni di come viviamo il Natale oggi e spero che un giorno saremmo capaci, grazie a Dio, di viverlo in modo diverso,più autentico, e intanto chiedo al Padre celeste, mediante il Figlio, che perdoni la nostra stupida arroganza, il nostro non fare memoria di Lui per ricordarci solo della nostra pancia e del nostro portafoglio e del nostro armadio e del nostro dover fare bella figura nella notte di Natale, preoccupati più di piacere alla gente che non a Lui, narcisisticamente persi per ore davanti allo specchio perché non possiamo rischiare di avere qualcosa fuori posto, senza accorgerci che siamo noi fuori posto, che siamo alienati dalla vera umanità, quella che vive nell’amore ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo dell’esistenza.
E queste righe non ne sono che l’ennesima prova. Vinci la mia rabbia, Signore Gesù, perché io sappia amare anche tutti coloro che mi stanno sulle palle, coloro che se ne strafottono degli altri a Natale e tutti i giorni dell’anno, i prepotenti, i presuntuosi, quelli che sono convinti che ciò che conta è essere alla moda, avere il plauso e l’approvazione degli altri (che poi appena ti giri ti piantano un coltello nella schiena e sparlano con te con tutti gli altri loro “amici”), indossare le mutande rosse l’ultimo dell’anno, festeggiare halloween, che neanche sanno cos’è, ma arriva dall’America e tanto basta e poi ogni scusa è buona per far festa e Natale è una scusa come le altre.
E a Natale tutti a cantare Happy day: ma sapete cosa dicono le parole? Perché è più un canto pasquale che natalizio, come l’articolo che avevo scritto per questo numero e che verrà pubblicato su quello prima di Pasqua, perché più pasquale che natalizio. Ecco le parole:
Oh happy day (Oh felice giorno)
Oh happy day (Oh felice giorno)
When Jesus washed (Quando Gesú lavò)
When Jesus washed (Quando Gesú lavò)
he washed my sins away…(Ha lavato via i miei peccati).
He taught me how to love, (Lui mi ha insegnato come amare)
fight and pray, fight and pray, (lottare e pregare, lottare e pregare)
and live rejoicing ev'ry day, ev'ry day. (e vivere gioiendo ogni giorno, ogni giorno).

Auguro a tutti un santo Natale nel Signore Gesù che viene per salvarci da noi stessi.
Santo Natale a tutti voi che leggete e alle vostre famiglia

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