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di Mario Villa C.U.P. P.O. Rho
Sfreccia veloce sotto il balcone canotta giallo acceso scollatura bassa sui piccoli seni dei suoi sedici forse diciassette anni schiena dritta come tante ragazze sullo scooter dal tenue rumore - la marmitta non è taroccata – freccia solare sull’asfalto casco ben calato in testa e si intuisce dalla velocità la gioia dell’andare a casa o dal suo ragazzo (forse l’aspetta sulla panchina in piazza della chiesa) incurante dei trenta e passa gradi all’ombra – il sole già cala in questa sera di fine giugno
volto lo sguardo nell’altra direzione ed ecco un coupé grigio canna di fucile guida lei - lui giacca e cravatta nonostante il caldo grazie all’aria condizionata a manetta si volta a guardare lei donna sprint che non risparmia il motore della sinuosa giapponese e vola sul proiettile d’acciaio là dove la strada curva per poi imboccare il cunicolo tra le case
e ancora guardo verso sud dove scorgo altre proiettili guizzare lungo la strada
uno schianto e urla acute
corro dall’altro lato del terrazzo e vedo lo scooter ribaltato per terra vicino ad una figura contorta in posizione quasi fetale e poco lontano il coupé con la donna sprint già scesa mentre accorre uno e mi pare d’intuire che dica: Che è successo? mentre la pilota allarga le braccia come a dire: Io non centro niente, è caduta da sola.
Immobile è il traffico ora, qualcuno svicola per evitare la poverina, indifferente, incurante, tanto ci sono già delle persone che si interessano al caso qualcuno fa retromarcia dietro al coupé e dietro un'altra bestia d’acciaio verde tuona una clacsonata selvaggia.
Devo chiamare il 118 o ci penseranno loro, le persone che si sono fermate a prestare aiuto alla loro prossima? Sto quasi per entrare in sala a recuperare il telefonino e mentalmente penso a cosa devo dire al pronto intervento, quando scorgo il lui del coupé col cellulare all’orecchio e allora sto a guardare, giusto il tempo perché due rialzino la ragazzina, sostenendola, dolorante ma sveglia, un altro porta una sedia da giardino dalla villetta sull’angolo e nell’altra mano il casco slacciatosi e volato via, la driver sposta il coupé nella stradina lì a fianco e l’ultimo sposta lo scooter…
la strada è libera, il traffico riprende a scorrere e di lì a poco ecco i pettorali arancio chimico dei soccorritori che sdraiano la malcapitata sulla barella e la caricano sull’ambulanza che riparte senza la sirena dell’andata verso il più vicino pronto soccorso…
la strada si svuota, riprende il solito tran tran, ma non per lei, che vedrà i genitori spaventati arrivare trafelati in ospedale, i volti bianchi per lo spavento.
Dove correvi, piccola, forte della tua giovinezza senza pensieri? Lunga e diritta era la strada, ma è bastato un niente, un grado di troppo nell’inclinare in curva, un po’ di sabbietta portata dal vento che spinge il temporale, un attimo di distrazione, un nulla impercettibile e sei volata via, non per librarti come un’aquila reale nel cielo, ma per schiantarti sull’asfalto. Avrai avuto paura, avrai provato dolore, i tuoi occhi si sono colmati di lacrime, per la botta certo, ma anche perché stasera non lo vedrai e poi già sentivi le urla di tuo padre che poi dirà: Beh, l’importante è che non ti sei fatta niente di grave.
Dove correvi? Dove corriamo tutti? Uno schianto ci aspetta dietro la semicurva, siamo appesi all’ultimo filo di clorofilla che ci raggiunge dal tronco, foglie dorate, stupende, ma già autunnali e la nuda terra ci accoglierà e brilleremo ancora a lungo agli occhi delle nostre compagne e dei passanti, che per un poco contempleranno la nostra bellezza che già marcisce, anche se ancora splende sui freddi marciapiedi di un nebbioso novembre.
E poi?
Poi la primavera rifiorirà e torneranno i germogli sui rami e spunteranno le foglie, fioriranno i ciliegi, i peschi, le magnolie, i papaveri, i fiordalisi e rivivremo, là (là?) dove (dove?) l’estate torrida non arriva a disseccare, l’autunno non giunge a marcire, l’inverno non sta a congelare, stagione sempreverde di vita lungo i secoli senza fine.
Dove corriamo sempre?
Fermiamoci e meravigliamoci di fronte a ciò che non riusciamo a vedere ma che intuiamo,
come l’impalpabile amore che muove i corpi e gli spiriti.