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Indipendentemente dalla quantità o dalla qualità di fede posseduta, l’augurio di poter rivedere in un indefinito “lassù” le persone che abbiamo amato, a cui abbiamo voluto bene, con cui abbiamo condiviso momenti intensi durante la vita e che se ne sono andate, a volte con un anticipo tremendo, accomuna un poco tutti noi. A me personalmente, tra i tanti che ci hanno lasciato recentemente, piacerebbe rivedere lassù due persone a cui ho voluto, e continuo a volere, particolarmente bene.
Inutile sottolineare che si tratta di due scrittori, altrimenti che senso avrebbe parlarne dalle pagine di questa nostra rubrica…La prima è Gabriel Garcia Marquez, lo scrittore colombiano affettuosamente chiamato “Gabo”, che ha saputo come pochi altri trasformare in letteratura fantastica le pulsioni dell’intero continente latinoamericano. Mi piacerebbe ascoltarlo declamare il meraviglioso incipit del romanzo che lo ha reso famoso nel mondo, Cent’anni di solitudine, e che vorrei regalare a chi non ha avuto la fortuna di poterlo leggere:
«Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito».
L’altro scrittore che mi piacerebbe “rivedere lassù” è Fabrizio Canciani, un amico e una grande persona che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente e che ho accompagnato, partecipando alla presentazione dei suoi ultimi libri, fino a pochi giorni prima che la “fetente SLA” (come la chiamava lui) ce lo portasse via. Mi piacerebbe riprendere il filo di un percorso interrotto sull’importanza di ricostruire, con l’aiuto della finzione letteraria, il sovrapporsi di periodi storici che non sono riusciti a dare identità al nostro territorio, così vicino geograficamente alla metropoli milanese e contemporaneamente così lontano culturalmente…Percorso che ha saputo raccontare in maniera stupenda nei suoi libri, da “Acqua che porta via”, fino a “Dipingilo di nero”, libri che non smetterò mai di regalare e di consigliare.
“Ci rivediamo lassù” è anche il titolo del primo libro di cui mi piacerebbe parlare. L’autore è Pierre Lemaitre che prima di cimentarsi con questo romanzo si era affermato in Francia con una serie di libri noir, che come spesso accade sanno raccontare la realtà e le sue contraddizioni meglio di qualunque saggio socio-
“Ci rivediamo lassù”, invece, è un romanzo storico ambientato negli anni a cavallo tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’immediato dopoguerra. La casa editrice Mondadori che ne ha promosso la pubblicazione in italiano lo presenta così:
“Sopravvissuti alla carneficina della Grande Guerra, nel 1918 Albert e Edouard si ritrovano emarginati dalla società. Albert, un umile e insicuro impiegato che ha perso tutto, proprio alla fine del conflitto viene salvato sul campo di battaglia da Edouard, un ragazzo ricco, sfacciato ed eccentrico, dalle notevoli doti artistiche. Dopo il congedo, condannati a una vita grama da esclusi, decidono di prendersi la loro rivincita inventandosi una colossale truffa ai danni del loro paese ed ergendo il sacrilegio allo status di opera d'arte.
"Ci rivediamo lassù" è il romanzo appassionante e rocambolesco che racconta gli affanni del primo dopoguerra, le illusioni dell'armistizio, l'ipocrisia dello Stato che glorifica i suoi morti ma si dimentica dei vivi, l'abominio innalzato a virtù. In un'atmosfera crepuscolare e visionaria, Pierre Lemaitre orchestra la grande tragedia di una generazione perduta.”
Per entrare meglio nella trama del libro ho rubato alcuni brani dalla bella recensione che ne ha fatto il Corriere della Sera:È il 2 novembre 1918, mancano dieci giorni all’armistizio che porrà fine a quattro anni di massacri all’ingrosso. I soldati, accovacciati nelle trincee, sentono avvicinarsi il momento del ritorno a casa. Tengono gli occhi bassi, la testa nascosta fra le spalle. Non vogliono più combattere, domina in tutti il pensiero che sarebbe stupido morire adesso che è finita. Fa eccezione il tenente d’Aulnay-
L’autore, a conclusione del libro, tiene a precisare che la truffa ai monumenti ai caduti è fittizia, frutto della sua fantasia.Molto reale, invece, uno scandalo scoppiato negli anni ’20 in Francia attorno all’esumazione dei cadaveri dei soldati caduti durante la Prima Guerra Mondiale per poter garantire loro una degna sepoltura vicino alle loro famiglie…
La scelta di ambientare un romanzo come questo nel periodo della cosiddetta Grande Guerra non è certo casuale, tra poco scadranno i cento anni dall’inizio del primo conflitto mondiale e la macchina mediatica si è già messa in moto per non lasciarsi sfuggire un appuntamento così importante.
Le principali case editrici, ma anche quelle meno affermate, stanno riempiendo i loro cataloghi e gli scaffali delle librerie di riedizioni di grandi classici e delle ultime novità dedicate a quel periodo storico.
Il Corriere della Sera e Repubblica stanno realizzando delle collane di video da allegare ai quotidiani. Il grande Ermanno Olmi ha finito da poco la realizzazione di un film che sarà nelle sale il prossimo autunno. Comunque la si pensi nei confronti della guerra, di ogni guerra, è innegabile che non si possa rimanere indifferenti di fronte alla immane carneficina che si consumò in Europa negli anni tra il 1914 e il 1918. Carneficina che venne raccontata in presa diretta anche da molti scrittori, impegnati in quegli anni su fronti opposti.Per averne un assaggio e per accontentare anche i più pigri lettori consiglio quattro libri da cui sono stati tratti altrettanti films. Per quanto riguarda l’Italia mi sembra imprescindibile “Un anno sull’altipiano” di Emilio Lussu da cui Francesco Rosi trasse ispirazioni per il film “Uomini contro”.
Per quanto riguarda il fronte tedesco il bel libro di Erich Maria Remarque “Niente di nuovo sul fronte occidentale” da cui addirittura sono state tratte due opere cinematografiche. Nel dramma delle trincee francesi è ambientato il libro “Una lunga domenica di passioni” scritto da Sebastien Japrisot e diventato film nel 1991. Sull’intervento americano l’indimenticabile “Addio alle armi” di Ernest Hemingway ispiratore, anche in questo caso di due riduzioni filmiche.
Un ultima annotazione.
Per i più distratti ricordiamo che l’Ospedale in cui lavoriamo è “Monumento ai caduti per la Patria”, quale sia la Patria è facile intuirlo ma forse non tutti sanno che quei caduti sono proprio i giovani soldati rhodensi che morirono durante la Grande Guerra. Come CRAL stiamo organizzando una serie di eventi culturali con l’ambizione di permettere a tutti di riflettere sulla particolarità del luogo in cui lavoriamo. Vorremmo ricostruirne la storia e il senso che sta dietro all’iscrizione che sovrasta la sua entrata. Lo faremo nell’arco dei prossimi mesi con la speranza di incontrarvi numerosi.