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Cathedral Pass

Livello 1

, Cathedral Pass. A cura di Mario Villa Accettazione P.O. Rho

Chi conosce la nostra città, forse sa che la breve galleria che da Merchants Alley conduce a Cathedral Square, si chiama Cathedral Pass, come recita la targa apposta sulla destra imboccandola da Merchants Alley. E’ qui, al civico numero 2, che, tra la portineria e l’ultimo piano, si svolge la vicenda che sto per narrare e che tenta di ricostruire l’attentato nel quale è stato ucciso il nostro Unique Leader, Russic Biellionov.
2, Cathedral Pass. Portineria. Ore 9.00 del 24 giugno 2063
«Buon giorno, avvocato Marson. Come mai qui di sabato mattina?».
«Purtroppo a volte gli impegni di lavoro non si possono rimandare al lunedì, cara signora Tather. Salgo per qualche ora nel mio ufficio con questo mio caro amico, che è tornato a vivere qui dall’Italia e che deve sistemare una serie di faccende legali che non possono attendere. Ci vediamo più tardi».
«D’accordo avvocato».
I due entrarono nell’ascensore e “l’amico” dell’avvocato Marson si rivolse al legale:«Bravo, continua così e vedrai che ai tuoi familiari non succederà niente».
Ore 9.45
Il telefono nella portineria squillò suonando l’inno nazionale. Era la suoneria che la signora Tather aveva associato con lo studio dell’avvocato Marson.: «Dica avvocato».
«Signora Tather, ho chiamato la compagnia del gas perché dalla cucina del mio studio arriva odore di metano. Mi hanno assicurato che per le 10 saranno qui. Li faccia passare immediatamente e li mandi su da me».
«Devo avvisare del pericolo gli altri inquilini?».
«No, abbiamo fatto in tempo ad aprire la finestra e la GEC mi ha assicurato che non corriamo pericolo di saltare in aria».
«Va bene, farò come dice».
Merchants Alley. Ore 10.00
Da più di mezz’ora gli addetti stavano sistemando le transenne per isolare Cathedral Square, quando, proprio mentre stavano per chiudere Cathedral Pass, si fermò, proveniente da Manchester Road, un furgone della GEC, la Gas Energy Company. La portiera dal lato destro si aprì e scese un trentenne in divisa da lavoro il quale si rivolse al poliziotto che stava lì a sorvegliare i lavori: «Dobbiamo assolutamente andare al numero 2. L’avvocato Marson ha segnalato una fuga di gas nella cucina dei suoi uffici. Dovrebbe aver avvisato anche la portinaia».
Il poliziotto replicò: «Seguitemi». Arrivato al numero 2 suonò il campanello “Caretaker” e, come se fosse stata pronta da prima, apparve sul portone la signora Tather (che, effettivamente, non aveva fatto altro, dopo la telefonata dell’avvocato, che andare nervosamente avanti e indietro nell’androne) e, prima che il poliziotto potesse aprire bocca, disse: «Presto, all’ultimo piano». Il poliziotto si rivolse agli operai della GEC: «Devo salire con voi?». «Non è necessario, continui pure nel suo lavoro e, per favore, dia anche un’occhiata al nostro furgone, prima che ce lo rubino». «Non preoccupatevi, sarà fatto».
La signora Tather si fece da parte e gli operai si infilarono nell’ascensore che la portinaia aveva provveduto a chiamare non appena li aveva visti. Non c’era molto andirivieni quella mattina e l’ascensore era ancora fermo all’ultimo piano da quando, un’ora prima, era salito l’avvocato con il suo amico. Gli uffici erano chiusi e gli inquilini o non si erano ancora alzati o se ne erano andati di buon’ora per evitare il caos del comizio di Biellionov.
«Grazie», disse il poliziotto. E la signora Tather richiuse il portone dietro di lui, orgogliosa di aver dato una mano.
Ufficio dell’avvocato Marson. Ore 10.05
«Finalmente siete arrivati». L’amico dell’avvocato tirò un sospiro di sollievo che avrebbero potuto sentire fin sulla guglia più alta della Cattedrale. I due operai entrarono e si sfilarono rapidamente le tute. «E l’avvocato?». «E’ di là, ben legato e imbavagliato».
I due nuovi arrivati aprirono la grande borsa degli attrezzi che si erano portati appresso e cominciarono ad estrarre dei pezzi di un qualche marchingegno, che il loro complice, che si era finto amico dell’avvocato, non perse tempo ad assemblare: era un treppiede, in cima al quale alla fine non venne montata però una macchina fotografica da paparazzo, ma un fucile da cecchino, uno di quelli capaci di colpire una persona in mezzo agli occhi anche a un chilometro di distanza.
I tre lo portarono in una stanza sulla sinistra del corridoio, la cui finestra si affacciava proprio di fronte alla Cattedrale. «E adesso?» «Adesso aspettiamo, il discorso dovrebbe iniziare alle 11. Calcolando il solito ritardo, dovuto alle strette di mano per i leccapiedi e i sorrisi a trentadue denti per la gente accalcata vicino alle transenne, per le 11.30 dovrebbe essere tutto finito». E si sedettero, nervosi, come rivelavano le mani e i piedi, sempre in movimento.
Cathedral Pass, ore 11.35
Dall’ascensore uscirono i due operai e l’amico dell’avvocato Marson. La signora Tather disse loro: «Tutto a posto?». «Sì», rispose uno degli operai, mentre l’amico dell’avvocato disse: «L’avvocato scenderà tra poco, il tempo di spegnere i computer e chiudere l’ufficio. Io vado a fumarmi una sigaretta qui fuori». La signora Tather aprì loro il portone e i tre, approfittando dell’assenza del poliziotto, chiamato via radio dal suo comandante, uscirono da Cathedral Pass e, montati sul furgone della GEC si allontanarono più rapidi di un razzo interplanetario.
Ufficio dell’avvocato Marson. Ore 11.45
I poliziotti fecero saltare la porta ed entrarono ad armi spianate, come nei film americani. Ma trovarono solo l’avvocato legato e imbavagliato e un treppiede con un fucile da cecchino montato sopra. Poi la cucina esplose, sventrando l’ultimo piano del palazzo e uccidendo tutti i presenti. La persona arrivata con l’avvocato era davvero un amico di infanzia di Marson e l’Organizzazione non poteva permettersi di lasciare in vita testimoni pericolosi.
Republic President Office. Ore 12.30
Davanti alla selva dei microfoni e alla barriera delle telecamere, il Presidente annunciò: «La High House, riunita d’urgenza, ha deciso di nominare Unique Leader il più stretto collaboratore di Biellionov, Richard Stratton. Invito la popolazione a continuare la sua vita normale, perché l’odioso omicidio di Biellionov non ha cambiato nulla nell’ordinamento della nostra nazione. Annunceremo al più presto la data dei funerali di stato per il nostro amato Russic Biellionov».
Riunione dell’Organizzazione. Ore 12.40
«Cosa vi avevo detto? L’attentato non è servito a nulla e presto si scatenerà una caccia incredibile alla nostra organizzazione. Non era questa la strada da seguire. Morto un Papa, se ne fa un altro. E poi mettetevi bene in testa che l’unica via è quella della non violenza, perché la violenza non produce che altre violenza. Il terrorismo è una strada facile, tutti possono prendere in mano un mitra e sparare o piazzare bombe. Ben più duro è lottare giorno per giorno, sotto la costante minaccia della repressione, delle spie, della polizia segreta, del carcere politico, stando nascosti, celando la propria attività anche ai propri cari, se necessario. Preparatevi a lavorare duramente, a nascondervi, ad andare in esilio, se necessario, a soffrire nelle carceri le più atroci torture, perché la dittatura continua e la lotta durerà anni. Chi non se la sente, abbandoni ora, perché solo la morte vi attende se verrete catturati, una morte che però arriverà dopo lunghissime torture per estorcevi tutte le informazioni possibili sull’Organizzazione, i nomi dei suoi componenti, dei suoi fiancheggiatori, dei semplici simpatizzanti, gli indirizzi dei covi e dei nascondigli, i piani già preparati e le modalità operative».
Nessuno si mosse. finto amico dell’avvocato, non perse tempo ad assemblare: era un treppiede, in cima al quale alla fine non venne montata però una macchina fotografica da paparazzo, ma un fucile da cecchino, uno di quelli capaci di colpire una persona in mezzo agli occhi anche a un chilometro di distanza.
I tre lo portarono in una stanza sulla sinistra del corridoio, la cui finestra si affacciava proprio di fronte alla Cattedrale. «E adesso?» «Adesso aspettiamo, il discorso dovrebbe iniziare alle 11. Calcolando il solito ritardo, dovuto alle strette di mano per i leccapiedi e i sorrisi a trentadue denti per la gente accalcata vicino alle transenne, per le 11.30 dovrebbe essere tutto finito». E si sedettero, nervosi, come rivelavano le mani e i piedi, sempre in movimento.



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