FUOCOAMMAREItalia, Francia 2016 Regia: Gianfranco Rosi Sceneggiatura: Gianfranco Rosi Fotografia: Gianfranco Rosi Musiche: Stefano Grosso Interpreti: Samuele Pucillo, Mattias Cucina, Samuele Carnana, Pietro Bartolo, Giuseppe Fragapane
Gianfranco Rosi, noto documentarista, è salito alla ribalta sorprendentemente nel 2013 per avere vinto il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia con un documentario, “Il Sacro Gra”, in cui si raccontavano tante piccole storie, colte con occhio curioso e indagatore, che si svolgevano intorno al raccordo anulare di Roma. A mio parere, aldilà dell’attenzione per un mondo che vive ai margini della grande città, l’osservazione sembrava curiosa, ma le storie mancavano un po’ di significatività e non raggiungevano un particolare valore narrativo, lasciando il giudizio in sospeso. Ben altro significato raggiunge invece Fuocoammare, vincitore dell’Orso d’oro al festival di
Berlino di quest’anno, con grande commozione dei giurati, colpiti dalla potenza delle immagini e dall’umanità del film/documentario. Il titolo deriva da una vecchia canzone che il Dj di “Canzonissima”, una trasmissione musicale da Lampedusa, fa ascoltare ogni giorno su Radio Delta e si riferisce ai bombardamenti del ’43, quando la nave italiana “Maddalena” fu bombardata e prese fuoco nel porto. E’ diventata popolare, un simbolo della tradizione, e viene ancora suonata dai lampedusani, anche se se ne sono perse le parole. Rosi si è calato totalmente nella realtà di Lampedusa per un anno, documentando da una parte la terribile vicenda dei profughi in continuo arrivo, il lavoro quotidiano di intercettazione dei barconi, i campi di accoglienza, la loro vita, i tentativi di fuga, ma anche i drammatici decessi, il ritrovamento dei cadaveri, il riconoscimento dei corpi . Dall’altra, la vita quotidiana degli abitanti, parallela all’altra storia, ma non necessariamente intersecata e coinvolta. Per farlo, ci racconta da vicino la piccola storia di Samuele, un ragazzino di 12 anni che vive la sua vita normale, mangia con la famiglia, va a trovare la nonna, va a scuola, fa i compiti, gioca, scopre l’isola nei suoi misteri notturni, costruisce fionde e cerca i nidi degli uccelli con il suo amico; va anche in barca, ma si sente male come un abitante di terra, non abituato a navigare. Il punto di contatto tra i due mondi è il medico di Lampedusa, il Dottor Bartolo, da cui Samuele si fa visitare per qualche minimo disturbo, ma che è invece coinvolto come dirigente del poliambulatorio, sia nel seguire la salute degli isolani, sia nell’attività di diagnosi e cura per i profughi. La conoscenza di questo personaggio straordinario che svolge il suo lavoro quotidianamente con semplicità e profonda umanità è veramente toccante. Ormai da tempo si occupa della salute degli stranieri fino dall’arrivo, toccando tutte le necessità, dall’accoglienza alle gravidanze ( bellissima la scena in cui spiega l’ecografia alla paziente straniera con parole semplici), fino alla constatazione dei decessi, purtroppo assai frequenti, senza mai perdere il valore umano di quegli incontri così drammatici. La bellezza e la significatività del film, secondo me, sta proprio nel riuscire a mostrare le cose come stanno, anche le più terribili, con le loro contraddizioni, sempre sottotono, senza particolare enfasi narrativa, senza frasi sdegnate o gridate, ma assumendo, proprio per questo, un valore più sincero, più profondo, più politico, di testimonianza e di denuncia. Le uniche riprese veramente drammatiche sono quelle del ritrovamento dei cadaveri nel barcone, volutamente filmati in maniera assolutamente documentaristica, perché stimolassero la coscienza e la reazione di un pubblico spesso assente ed estraneo. Il dottor Bartolo è stato invitato dal regista a ritirare il premio a Berlino e ha saputo dire parole significative sul suo lavoro quotidiano e sull’accoglienza degli stranieri, stimolando l’interesse e la commozione degli astanti (…per poi ritornare in fretta a Lampedusa dove c’era molto lavoro da fare…). Un giorno bisognerà ricordarsi anche di lui per il “Giardino dei Giusti” !