Un racconto della natività
Il fuoco scoppiettava piano, guardarlo scaldava il cuore di gioia. Maria era sveglia e le fiamme davano al suo viso felice un colore dorato, mentre rendeva splendente come bronzo la pelle di Giuseppe, che dormiva. La grande stanchezza del parto si era attenuata e Maria non riusciva a non contemplare il bambino, che, ben sveglio, dalla culla ricambiava lo sguardo della giovane madre. Chi li avesse visti avrebbe giurato che si fissavano negli occhi come due innamorati.
Maria sorrise e allungò il braccio; mise il suo dito nella minuscola manina del figlio che lo afferrò e lo strinse, come sono soliti fare tutti i neonati, i quali dimostrano così il loro attaccamento alla vita appena ricevuta in dono.
Poi Gesù sorrise e subito una calda luce riempì la grotta adibita a stalla, alla quale li aveva indirizzati l’albergatore e dove avevano potuto sistemarsi per accogliere il loro primo figlio. La luce illuminò perfettamente ogni cosa, anche la più piccola pagliuzza; eppure era morbida, non accecante, e donava un colore ambrato a tutto.
Possibile che fosse già l’aurora?
Maria si sollevò da terra tenendosi il ventre e scrutò nella notte: c’erano strane cose che percorrevano il cielo davanti alla grotta ed erano loro la fonte di quella luce. Guardò meglio e le sembrò che assomigliassero al giovane messaggero che le aveva rivelato il dono di Adonai. Una musica rasserenante percorreva l’aria, un canto di cui a fatica afferrò le parole: Lo splendore del Signore nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Adonai ama.
Che significava tutto questo?
Stava per svegliare Giuseppe, quando la luce svanì. Si sdraiò nuovamente sulla paglia vicino alla culla e lasciò che Gesù le afferrasse ancora il dito e la pace la pervase.
Di lì a poco attraverso l’imboccatura della grotta vide altre luci avvicinarsi, torce all’apparenza: chi poteva venire verso la grotta nel mezzo della notte? e a che scopo?
«Giuseppe, Giuseppe», chiamò scuotendo il bracco del suo sposo.
«Che c’è Maria?», rispose lui con la voce da orso ingrugnito di chi è stato appena svegliato all’improvviso.
«Gente si avvicina alla grotta tenendo delle torce».
Giuseppe afferrò d’istinto il grosso bastone nodoso che portava sempre con sé nei rari viaggi fuori da Nazareth e si pose in piedi davanti all’entrata.
Quando furono vicini a lui, vide che erano pastori, gente di cui non fidarsi troppo. Il primo di loro lo salutò: «Shalom alek», che in ebraico significa pace a te. Giuseppe rispose: «Shalom aleikem», pace a voi, «Come mai siete venuti?».
«Stavamo coricati vicino alle nostre greggi, quando all’improvviso è apparsa una luce in cielo. Strane figure si muovevano dentro la luce e cantavano: Lo splendore del Signore nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Adonai ama. Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi nella città di Davide un salvatore, il Mashiach, l’Unto di Dio, il Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. Abbiamo seguito la luce, che si è fermata davanti a questa grotta e poi è svanita.
Maria si era avvicinata all’imboccatura della grotta e aveva sentito ogni parola. Dunque non era pazza, non si era immaginata la luce e il canto. Si affacciò e li invitò «Entrate, il bambino è qui». I pastori entrarono e videro il bambino in una mangiatoia. Vicino a lui stavano l’asino di Giuseppe e un bue. Il bambino sembrava sorridergli. Le fasce preparate da Maria mesi prima nella casa di Nazareth gli avvolgevano le gambe e il tronco.
Uno dei pastori espresse a voce alta il suo pensiero: «Certo che una nuova vita sbocci in questo luogo è davvero un fatto strano».
«Siamo venuti a Betlemme per il censimento, perché io discendo dalla casa del nostro grande re David, e gli alberghi erano tutti pieni. Ci siamo dovuti arrangiare in questa grotta, ma Adonai – sempre sia lode a Lui - ha reso semplice il parto e il bambino sta bene», rispose Giuseppe.
«È davvero un bel bambino e sembra che ci sorrida. DI solito la gente ci tratta male, perché è convinta che rubiamo nelle loro case mentre sono nei campi. Voi invece ci avete accolto senza paura e lui ci sorride. Questa è una bella notte». E dopo i saluti di rito tornarono alle loro pecore, lasciando in dono un formaggio e un otre d’acqua.
Maria si strinse a Giuseppe. «Che strani avvenimenti». Maria replicò senza esitazione: «Le mie vie non sono le vostre vie e i miei pensieri non sono i vostri pensieri, dice Adonai».
Si coricarono. Giuseppe dormiva profondamente. Maria non poteva fare a meno di pensare. Quando il messaggero di Dio mi ha annunciato la nascita di questo bambino, pensavo che per lui si preparasse un futuro di gloria e di onori. Mentre venivamo a Betlemme credevo che nella città del re Davide ci avrebbero accolto in modo regale, come dovrebbe spettare al Mashiach. Invece eccoci qui in una grotta a dormire sulla paglia e gli unici ai quali è stata annunziata questa nascita sono dei rozzi pastori. Come potrà Adonai salvare il nostro popolo attraverso questo bambino? Il fatto strano è che loro non sono rimasti a vegliare le greggi, ma sono venuti a vedere il bambino, senza curarsi dei lupi e dei ladri.
Alla fine il sonno la vinse, ma anche nei giorni seguenti, nei quali trovarono una sistemazione migliore, Maria conservava tutti questi avvenimenti nel suo cuore e li meditava quando andava al pozzo per l’acqua, mentre tesseva per il piccolo i suoi primi vestiti e soprattutto mentre lo allattava al seno.
Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide è nato per voi il Salvatore, l’Unto di Dio, il Signore.
Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama.
Buon Natale a tutti voi.