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Il sogno A cura di Mario Villa CUP
stanco… il primo raggio dell’alba nel deserto… nel deserto… mortalmente stanco… stanco nel profondo… i miei abiti sono laceri… la pelle mi brucia… e più della pelle mi brucia la gola… sono un uomo fatto solo d’acqua… il mio volto è sudore… scivola in bocca e penetra con i suoi sali nelle piaghe delle labbra, delle gengive, della lingua… incomunicabile dolore… la mia pelle è marrone… fango… fango di sabbia impastata con il mio sudore… e con i suoi sali… la pelle brucia… questo fango brucia la mia pelle… da giorni sto vagando alla ricerca di un’oasi… ho finito l’acqua delle borracce… all’inizio una grande speranza… poi ho incontrato un cammello agonizzante… le sue urla non più animali si frantumavano contro il cielo immobile e perennemente terso del deserto… no, non sarei mai arrivato ad un’oasi… gli ho sparato nel cervello un colpo della mia pistola automatica… anzi, ho tentato di sparargli… la pistola si è inceppata… proprio come la jeep abbandonata due giorni prima… tutte le macchine annientate dal fatidico granello di sabbia… e cos’è l’uomo se non una macchina in un certo senso… biologica ma macchina… no, non mi devo fermare… anche se le grammatiche, le geometrie, le filosofie, hanno ormai gli artigli spuntati e a nulla valgono teoremi, verità, dogmi… anche se ciò che mi tiene sveglio è solo il dolore… anche se c’è solo sabbia intorno… no, non devo fermarmi… forse questo è solo un incubo e potrei svegliarmi e ritrovarmi sulla torrida spiaggia di un’isola tropicale con un mare turchese nel quale tuffarmi… no, è meglio non tuffarsi… squali si annidano sul fondo… quando una nube di sabbia ti annuncia l’attacco, no, non puoi più sfuggire al tremendo morso… lo squalo ti azzanna le rosse reni… e subito fugge la vita… un mare senza squali… un mare nel quale tuffarsi senza paura… un miraggio… sono su una spiaggia deserta e davanti a me si stende un mare cristallino… è un miraggio… non può essere vero… potrei provare a tuffarmi… se è un miraggio cadrò nella sabbia… già ne sono tutto impastato… mi tuffo… no, è proprio acqua, non è un miraggio… e in questo mare non ci sono squali, ne sono certo… l’onda che mi culla suscita sensazioni arcane, primordiali forze del cuore… poi un’ondata improvvisa mi sommerge… mi riempie la bocca di sale… no, anche qui… esco e corro a gettarmi sulla sabbia bianca davanti all’oscuro bosco… e lì il sole comincia a cuocermi… lentamente… mi sembra di sentire il sale sfrigolare sulla pelle… e sudo… e il sudore mi scivola in bocca… anche qui… mi giro per evitare di dover bere la mia stessa acqua salata… e così mi insabbio del tutto… mi scivola un braccio… le labbra baciano la sabbia… che schifo… mi alzo… cammino verso una duna più alta… mi volto… ce n’è un’altra dietro di me… continuo a camminare… penso a come sarebbe bello avere un mare senza sale… un mare dolce… con acqua che non ci soffochi quando la si beve… e che nutra l’uomo come il plancton nutre le balene… e poi che bello se non si fosse costretti a camminare sulla sabbia dopo il bagno… un mare infinito nella quale sguazzare per l’eternità… così utopizzando arrivo alla duna… non è di sabbia… non è una duna… sembrerebbe carne… carne umana… bianca e tornita… mi volto… mi rivolto… quelle che credevo essere due dune sembrano convergere… e sono immense… solo ora me ne rendo conto… e nella convergenza sorge il bosco… una gigantesca donna sdraiata… mi dirigo verso il bosco… cammino, nuoto, volo… non so… so solo che sto avvicinandomi al bosco… ecco, ci sono davanti… sembrerebbe proprio un pube di donna… immenso e grandioso… un’immensa rosea grotta si apre tra la nera boscaglia… una mano enorme cala verso di me… mi sospinge dolcemente dentro la grotta… sono intontito e lavato dagli umori che spiovono dalle pareti… una delle pareti è trasparente e mi blocca il cammino… c’è qualcosa dall’altra parte… un feto… un feto già perfettamente formato… un feto dai movimenti certi… nuota con movimenti perfetti nel liquido amniotico… appoggia le sue mani alla parete e mi guarda… mi fissa con i suoi immensi occhi… e poi torna a nuotare… il liquido in cui nuota il feto ha un colore dorato… invitante… seducente… un desiderio mi sale nel cuore… immergermi in quel liquido caldo e nutriente… non lo contaminerei… gli umori hanno mondato la mia pelle dalla sabbia e dal sale… sono inghiottito dalla placenta… o il liquido è fuoriuscito… non so… o Cristo… il sogno si realizza… rientrare nell’utero… materno o no non lo so… immerso nel liquido… ho la bocca aperta… ma non soffoco… e non provo più dolore… le ferite del deserto sono rimarginate, purificate le piaghe, svanita la grande stanchezza… la mia pelle è rosea come non lo è mai stata… sono un feto… sono un feto nella placenta… ma non incontro pareti… continuo a nuotare per molto tempo senza trovare pareti… e poi non sono solo… me ne accorgo soltanto ora… siamo una moltitudine… quello è il feto che mi guardava prima… si ferma davanti a me… mi guarda… ora capisco… i suoi occhi sono colmi di un amore divino… ricordano gli occhi del Cristo risorto di certi quadri rinascimentali…… e poi mi sono trovato nel mio letto… stanchissimo… come accade dopo certi sogni, così che uno si domanda se ha sognato o se tutto quello che si ricorda è successo veramente… quasi che esista un altro mondo oltre quello nel quale viviamo ogni giorno e a volte s’aprano dei passaggi…
e siamo chiamati a testimoniare ciò gli occhi hanno visto e le mani hanno toccato…