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Philomena
Regia di Stephen Frears, GranBretagna,USA,Francia 2013, Soggetto: dal libro di Martin Sixsmith “The lost child of Philomena Lee”, pubblicato nel 2009, Sceneggiatura: Steve Coogan, Jeff Pope Fotografia:Robbie Ryan Musiche: Alexandre Desplat Interpreti: Judi Dench, Steve Coogan,Sophie Kennedy Clark, Anna Maxwell Martin, Ruth McCabe
Dopo il terribile film di Peter Mullan “Magdalene”, vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 2002, un altro film-
Venere in pelliccia
Regia: Roman Polanski Francia 2013 Soggetto: Leopold Von Sacher-
Thomas (Mathieu Amalric) sta facendo i provini per la messa in scena del romanzo “Vanda” di Leopold Von Sacher-
Se a questo si aggiunge che Emmanuelle Seigner è in realtà la moglie di Polanski e Mathieu Amalric gli somiglia tantissimo, anche fisicamente, si capisce come Polanski in ogni film metta in gioco se stesso e il suo passato,i suoi incubi e le sue ossessioni in un continuo rapporto tra realtà e finzione. Un film appassionante, pur nella scabrosità dell’argomento, in cui Polanski, ancora una volta alle prese con un ambiente chiuso e claustrofobico come spesso predilige,scava nell’intimo dei personaggi senza pietà e dimostra di essere senza dubbio un grande regista.
Moliére in bicicletta
Regia: Philippe Le Guay Francia 2013 Sceneggiatura: Fabrice Luchini, Philippe Le Guay Fotografia: Jean Claude Larrieu Musica: Jorge Arriagada Interpreti: Fabrice Luchini,Lambert Wilson, Maya Sansa, Camille Japi.
Un film molto intellettuale, molto francese, molto attoriale: molto bello, se si accetta tutto questo. Gauthier Valence, famoso attore di telefilm , decide che è ora di tornare a fare qualcosa di serio e importante e per questo pensa di coinvolgere il collega Serge Tanneur, grande attore molieriano,ritiratosi dalle scene tre anni prima, in una messa in scena del Misantropo di Molière. Tanneur, uomo intransigente che rifiuta l’ipocrisia come Alceste, deluso dalla vita e dal mestiere, all’apice della carriera si è ritirato all’Ile de Ré, luogo esclusivo e solitario, a meditare, dipingere, borbottare. Il collega va a trovarlo e, nonostante le resistenze, lo coinvolge nel progetto, a patto però di alternare i ruoli di Alceste, il protagonista, e Filinte, l’amico e controparte. Naturalmente il film, oltre a coinvolgerci nella splendida recita dei versi in rima (che forse sarebbe bene ascoltare in francese), serve a mostrarci il carattere dei due personaggi, le loro scaramucce, le diatribe sulla recita e la dizione, alla fine sul ruolo dell’attore e del teatro. La convivenza sembra pian piano avvicinare i due, con le loro gite in bicicletta, i canali, il mare, ma…chérchez la femme! Ad un certo punto compare un personaggio femminile, una bella italiana separata, a scompaginare le carte e, inconsciamente, a far fallire il progetto. Attori bravissimi, naturalmente, in particolare lo sdegnoso e aristocratico Luchini, che in realtà vive all’Ile de Rè e ha contribuito a scrivere le sceneggiatura. Le musiche, ben arrangiate da Jorge Arriagrada, citano anche “Il mondo” di Jimmy Fontana e “ La bicyclette” di Ives Montand in un richiamo nostalgico del bel tempo ch e fu.
Giovane e bella
Regia:François Ozon Francia 2013 Sceneggiatura: François Ozon Fotografia: Pascal Marti Musiche: Philippe Rombi Interpreti: Marine Vacth, Charlotte Rampling, Frédéric Pierrot, Géraldine Pailhas, Nathalie Richard, Fantin Ravat, Johan Leysen
Un film che mi ha colpito molto…Presentato al festival di Cannes 2013, racconta la storia di una bella ragazza di 17 anni della buona borghesia francese, seguita in un periodo della sua adolescenza in cui scopre la sessualità e diventa adulta. Il film è diviso in 4 capitoli, 4 stagioni dall’estate all’estate successiva, sottolineati dalle belle musiche retrò di Françoise Hardy che hanno accompagnato l’adolescenza di tanti di noi. Isabelle durante l’estate decide di sbarazzarsi della verginità, con un rapporto tanto insignificante quanto insoddisfacente. Vive con il fratello minore, ragazzino curioso a cui racconta in parte le sue avventure, con la madre, con il patrigno gentile e comprensivo. Studia, ha tutto quello che le necessita, non è particolarmente consumista, non ha bisogno di nulla…Ad un dato momento, così, senza un particolare motivo, decide di prostituirsi attraverso annunci su Internet, di cambiare il nome , diventa Leà, prostituta d’alto bordo, accettando incontri ben remunerati con maturi signori in alberghi lussuosi. Poi, torna alla vita di tutti i giorni, alla scuola ( dove si sta analizzando un poema di Arthur Rimbaud in cui si dice “nessuno è serio a 17 anni…”), alle feste con gli amici dove, tra l’altro, rifiuta le proposte di un coetaneo perché “non sta bene farlo la prima volta che ci si incontra”. Non spende i soldi che guadagna, li accumula. Ogni volta ritorna alla vita normale senza apparenti problemi, fino a che un evento drammatico che capita ad un suo cliente cui si è affezionata non porta a scoprire il tutto tra lo sbalordimento generale. Perché lo fa, che cosa la spinge,quali sono i suoi pensieri? Riecheggiando Bunuel di “Belle de jour”,Ozon la osserva, la scruta, ma non la giudica…l’adolescenza è insondabile…Il guaio è che, mentre usciva il film, scoppiava il caso delle baby-
Il capitale umano
Regia: Paolo Virzì Italia, Francia 2014 Soggetto: dal romanzo di Stephen Amidon Sceneggiatura: Francesco Bruni, Francesco Piccolo, Paolo Virzì Fotografia: Jérome Alméras Musiche: Carlo Virzì Interpreti: Fabrizio Gifuni, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni-
Un thriller. Nella notte un cameriere che ha servito ad una festa in una villa brianzola prende la bici e torna a casa al buio, in una strada nel bosco, ma ahimè arriva un Suv a tutta velocità e lo travolge. Parte da qui, da una libera elaborazione del romanzo di Stephen Amidon, la storia dell’ultimo film di Paolo Virzì che, come nel famoso film di Kurosawa, “Rashomon”, ripropone la stessa storia più volte, vista dai vari protagonisti che disvelano diversi particolari dal loro punto di vista soggettivo, fino alla sintesi finale,tenendoci sospesi fino all’ultimo. Ma il giallo è solo la scusa per raccontarci di questa Italia contemporanea da una visuale inedita per Virzì, la Brianza di un paese inventato con la desinenza in “ate”, come tanti. Rappresenta l’incontro tra due famiglie: quella di un finanziere, Fabrizio Gifuni, con la moglie Carla, problematica, annoiata, amante del teatro,e il giovane rampollo viziato con Suv, fidanzato con la figlia dell’altra famiglia, gli Ossola, che per questo tramite vengono in contatto. Il capofamiglia degli Ossola, Dino (Fabrizio Bentivoglio), è un piccolo imprenditore immobiliare, arrivista e ingenuo, che tenta in tutti i modi di entrare nelle grazie del finanziere per poter usufruire di un suo fondo con interessi stratosferici, rischiando la bancarotta. La moglie di Dino, Roberta , uno dei pochi personaggi positivi del film, assai ben interpretato da Valeria Golino, è una psicologa seria e dolce, impegnata nel suo lavoro e in una gravidanza tardiva. Serena, la figlia,la brava attrice esordiente Matilde Gioli, sembra coinvolta in questa storia suo malgrado e alla fine sceglie di prenderne le distanze e di seguire un nuovo amore problematico e intenso. Virzì si distacca per la prima volta dal suo centro-